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Le opportunità di business dell’esport, dal calcio a tutto il gaming

Quali sono le professionalità che si stanno sviluppando a partire dagli sport elettronici? Quali i miti da sfatare? Se ne è parlato oggi con Lazio Innova, Regione Lazio e gli stakeholder del mondo esport, tra effetti della pandemia, prospettive future e potenzialità per l’educazione e il territorio

“Per dare slancio al mondo esport, occorre valorizzare quelle risorse da cui lo sport tradizionale ancora non riesce a estrarre valore, a partire dall’analisi dei big data generati. Ragionare sulle metriche economiche, quantificare l’indotto degli sport elettronici, dare supporto allo sviluppo di nuovi business e sistematizzare l’ascolto e il coinvolgimento di tutti gli stakeholder sono i primi passi utili non solo all’esport, ma anche per rispondere alle nuove esigenze del territorio.

Queste parole di Berenice Marisei, responsabile dello Spazio Attivo di Lazio Innova a Zagarolo, riassumono il messaggio chiave emerso nel pomeriggio di oggi con l’ottavo dei Mini Talk organizzati da Regione Lazio tramite la propria agenzia regionale per gli investimenti e lo sviluppo, che è appunto Lazio Innova. Un evento full-digital che è stato trasmesso in diretta streaming pure sulla pagina Facebook di Wired, a completamento di un articolato palinsesto in cui si è parlato di Spazioturismoscienze della vitaspettacoli dal vivoagroalimentarerelazioni digitali e programmazione strategica.

numeri, del resto, fanno impressione: nel 2019 il settore degli sport elettronici a livello globale valeva già un miliardo di dollari, (+26% rispetto al 2018, secondo le stime Newzoo), e nel 2021 si prevede raggiungerà quota 1,7 miliardi.

“Con lo Spazio Attivo di Zagarolo vogliamo promuovere un centro di competenza sul gioco, vicino alla comunità in cui è insediato ma allo stesso tempo hub regionale, con l’obiettivo di allargare il campo di indagine e di riflessione”, ha continuato Marisei. Uno sforzo rivolto non solo verso il mondo dei giocatori esportivi tout court, ma pure in termini di ricerca e sviluppo, di tecnologia, tanto per gli sport elettronici quanto per il gaming in generale. “Oggi l’obiettivo è ampliare l’offerta pubblica e aumentare la possibilità di più soggetti di partecipare a questo mondo, sia come fruitori sia come sviluppatori e imprenditori, ha aggiunto Marisei.

Il grande progetto della School eLeague

Esempio tangibile dell’attività esport nel Lazio è la School eLeague, un evento che ha riunito diversi stakeholder e ha portato gli esport nelle scuole superiori della regione. “L’iniziativa nasce su due importanti gambe, ugualmente importanti: una competizione Fifa 20 per gli studenti tra i 16 e i 19 anni e poi un ampliamento della discussione con momenti di confronto con gli attori di questo settore a diversi livelli”, ha raccontato Massimo Tucci, project & programme director di Social football summit, il primo evento dedicato alla formazione e al networking sul marketing digitale nel mondo del calcio, e business developer di Go Project e Social media soccer“La School eLeague nasce come gioco”, ha continuato, “ma è a tutti gli effetti un sistema che coinvolge una serie di interlocutori, e include una parte formativa ed educativa importante”.

L’esport come semplice videogioco, l’attrattività solo per un pubblico giovanissimo e l’inutilità per la formazione di ragazzi e ragazze sono solo alcuni dei falsi miti che ancora troppo spesso vengono associati a questo settore. “All’interno di un filone che esiste da anni, si è intrapresa la strada di entrare nelle scuole e andare oltre la competizione, ha aggiunto Tucci. “La stessa Social Media Soccer è una startup di questo mondo, e come organizzatori di un evento che coinvolge gli esport (il Social Football Summit) possiamo dire che se tutto il settore si espande avremo nuove opportunità anzitutto per imprese e aziende innovative. Ma il fenomeno deve crescere nel modo giusto.

Campioni d’Europa

La scorsa primavera, quando il calcio tradizionale era ancora del tutto fermo a causa della pandemia, si è svolta la fase finale dell’ecampionato europeo 2020 di Pro Evolution Soccer (Pes). E l’Italia il 24 maggio ha trionfato su tutte le altre enazionali. “Siamo diventati campioni d’Europa nell’unica competizione che la Uefa poteva giocare”, ha commentato Giovanni Sacripante,head of marketing and digital contents della Federazione italiana giuoco calcio (la Figc). “Quando il Lorenzo Insigne virtuale ha segnato nella finale”, ha raccontato, “c’è stata un’ondata di attenzione oltre ogni più rosea aspettativa e previsione”.

La Figc è entrata nel mondo esport come una startup, andando oltre un altro dei pregiudizi più chiacchierati: che i due mondi fisico e digitale possano restare solo separati“Ci siamo chiesti quale sarà l’impatto degli esport sulle competizioni tradizionali, ossia come le nuove generazioni si approcceranno allo sport”, ha proseguito Sacripante. “Ci si è messi all’ascolto della generazione Z con la massima umiltà per cercare di capire quali fossero i loro desideri”. Il tutto si è tradotto in due nazionali calcistiche, una Pes e una Fifa, che si aggiungono a tutte le altre nazionali e che sono state introdotte fisicamente al centro tecnico di Coverciano“Non si è trattato solo di un’iniziativa simbolica: i campioni esport a livello calcistico sono dei mostri di tattica anche sul campo fisico. Hanno capacità straordinarie. E da questa esperienza si è creato un movimento dal basso e uno storytelling secondo cui tutti possono realizzare il sogno della nazionale: ragazzi e ragazze, adulti e meno adulti, persone con handicap fisici e chiunque lo desideri”, ha raccontato.

L’economia degli esport: qualche dato

Se oggi la parte più importante dell’entertainment sono i videogiochi, che valgono 150 miliardi di dollari l’anno, l’esport è poco più dell’1% di questo mercato. Ma, guardando ai ricavi pro capite per fruitori e spettatori dell’esport, si nota subito che è un mondo assolutamente sottosviluppato“La crescita è a doppia cifra, molto di più rispetto agli sport tradizionali. Ma il futuro dell’esport non deve essere basato sulla compravendita dei giocatori, che farebbe ricadere sul modello dello sport tradizionale”, ha concluso Sacripante. “brand, infatti, investono sull’esport proprio perché genera valore dove gli sport tradizionali sono ancora carenti”.

Alla chiacchierata hanno partecipato altri due startupper in prima linea nel segmento esport. Paolo Cisaria, Ceo e fondatore di Mkers, una startup che è anche una delle più importanti realtà esport a livello mondiale. E poi, collegato dalla sede aziendale a Los Angeles, Michele Attisani, co-fondatore e Cbo di Faceit, una startup e piattaforma indipendente per esport fondata a Londra nel 2012.

“L’80% del fatturato esport deriva da sponsorizzazioni o dalle prime forme di gestione dei diritti televisivi e mediatici, ha spiegato Cisaria. “E ogni anno l’audience cresce di oltre il 10% su scala globale”. Con l’obiettivo di portare in Italia competitività e innovazione nell’esport, Cisaria ha messo in piedi una squadra di manager e giocatori con oltre dieci anni di esperienza in sport, gare ed eventi per giocare videogiochi a livello competitivo, organizzato e professionistico.

“Mkers nasce con l’idea di creare un piccolo star system all’interno di questo mondo, mettendo al centro l’individuo, il giocatore e la star, dandone risalto in una visione mainstream che possa andare oltre le community di gioco”, ha chiarito. “Con la Covid-19 c’è stato un aumento sostanziale del traffico, che è praticamente raddoppiato, ha testimoniato invece Attisani. “Negli Stati Uniti e in Europa tutti i grandi sport si sono fermati”.

Con la pandemia l’esport si è preso una fetta importante del palinsesto, anche a livello tv.

Tra gli esempi più emblematici c’è il campionato automobilistico Nascar, che nella prima edizione digitale ha avuto ascolti record con punte di 1,2 milioni di persone che lo hanno guardato in televisione. “Molte personalità dello sport tradizionale hanno voluto approfittare di questo momento di isolamento per dedicarsi alla passione dei videogiochi, ha aggiunto Attisani. “Come i campioni brasiliani Neymar e Casemiro, che ora hanno anche una loro community privata sulla piattaforma di Faceit.

Idee di sviluppo

Una delle conclusioni condivise da tutti i partecipanti al Mini Talk è che pure nel mondo esport occorre avere la presenza istituzionale,enfatizzata da Marisei: “vogliamo costruire un sistema di servizi che corrisponde effettivamente a un fabbisogno del territorio. Altrimenti continuiamo a costruire castelli che non vengono abitati, mentre noi li stiamo creando insieme con chi può rinnovare continuamente il sistema di servizi, di valore e di impresa“, ha spiegato.

“A oggi, non essendo ancora riconosciuta la figura del videogiocatore professionista, si fa fatica a entrare nelle dinamiche di promozione del parco giocatori”, ha aggiunto Cisaria. Ribadendo l’importanza, oltre che di audience, di raccogliere e comunicare tutte le voci di ricavo, con dati economici strutturati e specifici, anche contestualizzati sulla realtà italiana. “L’esport vive in un contesto digitale che è dunque facilmente misurabile”, ha precisato Cisaria. “Quindi ha senso entrare nelle metriche e condividere i propri risultati, positivi o negativi che siano. Bisogna iniziare, per esempio, a consegnare una reportistica adeguata agli sponsor”. Insomma: per rendere l’esport non una moda, ma un mercato, bisogna partire dalla consapevolezza che quest’ultimo è fatto di numeri.

“In altri Paesi oggi gli esport sono più sviluppati che in Italia”, ha aggiunto Attisani. “Importante è prima di tutto la trasformazione culturale: il mondo degli sport elettronici non è fatto solo di giocatori, ma si può diventare anche allenatoreteam manageroperatore del maketing, addetto al business developement o molte altre figure professionali”.  Fondamentale dunque continuare a parlare di questi temi, anche a livello mainstream e per il grande pubblico, per superare i pregiudizi che ancora esistono. Ma per fortuna ci sono già grandi storie umane: uno dei campioni scoperti della School eLeague – come hanno testimoniato Marisei e Tucci – ha aderito alla competizione proprio perché spronato dalla madre a praticare esport.

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